AIGA intende sensibilizzare, ancora una volta, il Ministero della Giustizia evidenziando la necessità di realizzare un sistema di gestione dei diversi Processi Telematici oggi esistenti, attraverso l’implementazione di una piattaforma comune, caratterizzata da uniformità delle regole e delle specifiche tecniche, con la previsione del deposito telematico tramite UPLOAD.
Richiama inoltre l’attenzione sull’urgenza della messa in opera del processo penale telematico, volta alla semplificazione e velocizzazione del processo.
In una recente intervista rilasciata al periodico “ItaliaOggi Sette” in data 13.01.2020, la Dott.ssa Alessandra Cataldi, Direttore Generale della DGSIA (Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia), tra le altre cose ha dichiarato che “con un contratto diventato esecutivo nel 2018 che ammonta a circa 35 milioni di euro per fondi infrastrutturali nazionali e fondi europei dedicati all’informatizzazione del processo davanti al giudice di pace, è in corso per i prossimi 4 anni la reingegnerizzazione complessiva del Pct. L’idea del ministero è stata quella di intervenire sull’architettura dei sistemi, rendendola unica per tutti i settori civile, penale e amministrativo, informatizzando tutti quei segmenti processuali che ancora sono fuori dal pct come il processo minorile che prevediamo entri in esercizio nell’estate 2020, la Cassazione e il giudice di pace. L’obiettivo è l’interoperabilità tra tutti i sistemi e la condivisione, laddove processualmente prevista, di dati e documenti“.
AIGA accoglie con estremo interesse e favore la notizia: da sempre sostiene che questa debba essere la strada da intraprendere, oggi fatta propria anche dalla Dott.ssa Cataldi. Si auspica pertanto che l’indicata opera di completa reingegnerizzazione del Processo Telematico trovi finalmente attuazione.
Due, principalmente, sono gli aspetti su cui AIGA sollecita fortemente un puntuale intervento nell’immediato futuro, peraltro già esplicitati in un comunicato stampa del 21.05.2019.
In primo luogo, l’adozione di una infrastruttura software comune a tutti i riti telematici gestita direttamente su server Ministeriale; in secondo luogo, la previsione di una procedura uniforme di upload per effettuare i depositi telematici, al posto delle PEC.
SULL’UNIFORMAZIONE DEI PROCESSI TELEMATICI
Attualmente il “Sistema Giustizia” vede la contemporanea esistenza di ben cinque Processi Telematici completamente diversi fra loro, alcuni peraltro ancora in fase progettuale, di implementazione e sviluppo futuro, senza contezza di quelli che in verità saranno i tempi di definitivo e completo funzionamento operativo: il PCT, il PAT, il PTT, il PPT e il Processo Contabile Telematico.
I diversi processi telematici, infatti, attingono non solo a fonti normative differenti ma, per una scelta del legislatore francamente incomprensibile, anche a diverse regole e specifiche tecniche. La conseguenza è che, i magistrati, gli avvocati o, comunque, tutti gli operatori del diritto e i soggetti esterni, si trovano ad operare in modalità completamente differenti ove diversa sia la giurisdizione di riferimento, richiedendo specifiche procedure, adempimenti tecnici difformi oltre che particolari conoscenze, sempre più complesse. Tutto ciò comporta notevole dispendio di tempo ed energie in particolare per gli operatori del diritto che si occupano di più di un settore, oltre che al personale amministrativo e ai magistrati quando vengono spostati da una ruolo ad un altro in materie diverse.
Risulta quindi ormai imprescindibile, nell’ottica di velocizzazione dei processi, tanto cara al Legislatore, al Governo e all’opinione sociale, l’adozione di un’architettura informatica unica per tutti i settori, come sottolineato dalla Dott.ssa Cataldi.
Ma come uniformare i processi telematici esistenti?
Con una procedura uniforme di Upload.
SULLA PROCEDURA UNIFORME DI UPLOAD
Come noto il legislatore qualche anno fa ha scelto lo strumento della PEC come unica modalità di deposito degli atti nel processo civile. Le PEC attualmente utilizzate sono gestite da soggetti esterni al Ministero della Giustizia e la responsabilità circa il loro funzionamento è esclusivamente in capo agli avvocati che se ne servono. È vero che le PEC sono fornite da gestori qualificati che dovrebbero garantire il massimo livello di sicurezza ed affidabilità dello strumento, ma, a prescindere dal livello di sicurezza adottato, non è possibile escludere completamente il rischio di una falla nel sistema informatico del fornitore, abilmente sfruttata dall’hacker di turno.
In campo penale, invece, non è ancora normativamente consentito alle parti private l’utilizzazione della posta elettronica certificata per effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze (cfr. anche Cass. 1056/2020), molto probabilmente perché gli uffici giudiziari spesso non sono a tutt’oggi dotati di indirizzi PEC settoriali a cui inviare i depositi.
La ragione, quindi, ci porta ancora una volta a sollecitare l’adozione di una norma che preveda uno strumento alternativo per il deposito degli atti.
AIGA già da oltre due anni si fa portatrice di questa istanza, avendo peraltro individuato una soluzione per ovviare a questo problema: l’adozione del sistema di deposito mediante upload diretto sul portale PSTGIUSTIZIA, alternativo alle PEC, proponendolo come unico sistema di deposito in ambito civile, amministrativo, tributario, penale e contabile, al fine di superare l’attuale frammentazione dei riti telematici. L’upload diretto degli atti e delle memorie si andrebbe infatti ad inserire in una architettura informatica che già prevede l’autenticazione dell’avvocato da parte del server ministeriale, al fine della consultazione dei fascicoli; sarebbe quindi sufficiente implementare la stessa prevedendo la facoltà, per l’avvocato, non solo di consultare, ma altresì di depositare direttamente nel fascicolo gli atti ed i documenti.
Pur con le specificità connesse al diverso modello procedimentale, non paiono sussistere ragioni per escludere l’ambito penale da un organico processo di riordino e uniformazione delle piattaforme, anche in considerazione della fase ancora (purtroppo) embrionale d’implementazione del PPT. E’ evidente come il grave ritardo nella digitalizzazione di questo ambito della giurisdizione costituisca una delle cause degli oggettivi disservizi da cui è cronicamente affetta e della irragionevole durata dei giudizi.
Questo sistema risolverebbe contestualmente diversi altri problemi organizzativi legati al deposito a mezzo PEC ed in particolare: i limiti di “peso in byte” dei depositi telematici (che dagli attuali 30 MB potrebbero essere aumentati a 500 MB); l’attesa dell’intervento della cancelleria per conoscere l’esito del deposito e il numero di RG; l’aggravio di lavoro dei cancellieri nell’inserimento di atti e documenti ricevuti per PEC nei relativi fascicoli, ecc.
Il server ministeriale fornirebbe altresì adeguati livelli di sicurezza grazie all’uso di protocolli che prevedono la crittografia dell’operazione di upload.
La PEC, in una tale organizzazione, potrebbe divenire il sistema alternativo e residuale di deposito nei casi in cui il server ministeriale avesse dei malfunzionamenti, superando in tal modo anche le remore di chi afferma che l’upload diretto, in assenza di un’adeguata infrastruttura di connessione, potrebbe determinare il blocco del server stesso per i troppi accessi contemporanei.
Il passaggio ad un sistema di deposito tramite upload sarebbe di certo una grande opportunità di risparmio per la PA che potrebbe, con l’occasione della necessaria riforma legislativa e regolamentare, adottare un’unica piattaforma software per il processo civile, amministrativo, tributario, penale e contabile pervenendo, allo stesso tempo, alla tanto auspicata unificazione e semplificazione dei riti telematici. Ciò favorirebbe anche la consultazione on line da parte degli operatori autorizzati, con sgravio degli accessi alle cancellerie e segreterie di Tribunali e Procure.
Il lavoro svolto finora è sicuramente pregevole, ma di certo migliorabile, facendo tesoro dell’esperienza maturata in tutti questi anni, dell’evoluzione della tecnologia e delle reali esigenze esternate dagli operatori.
L’attuale disponibilità dei fondi infrastrutturali nazionali e dei fondi europei dedicati all’informatizzazione del processo presso il Giudice di Pace e la reingegnerizzazione del PCT, come dichiarato dalla Dott.ssa Cataldi, potrebbe dunque rappresentare l’occasione per fare quell’investimento necessario nelle infrastrutture, nell’ottica di perseguire l’obiettivo qualitativo di riforma e semplificazione.
Ma, come sempre, oggi come allora, ci vuole visione e coraggio.