GIURISDIZIONE CIVILE: LA CENERENTOLA DEI DIRITTI SOCIALI

PREMESSA

Il presente contributo propone un punto di vista critico della riforma al processo civile di cui al decreto Legislativo 149/2022 (G.U. 17/10/2022 Supp. Ord.) con riguardo ai sistemi di risoluzione delle controversie alternativi al giudizio (c.d. ADR).

Ci si soffermerà sugli istituti della mediazione civile e commerciale e della negoziazione assistita, con focus sulle incombenze operative degli avvocati.

Un cenno finale sarà dedicato, poi, alle occasioni – mancate – di procedere all’armonizzazione di tutta la normativa applicabile in materia di procedura stragiudiziali con emanazione di un testo unico e di prendere posizione sugli effetti giuridici delle decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) nonché dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) che, invece, avrebbe meritato attenzione da parte del Legislatore in ragione, se non altro, della mole di contenzioso specialistico assorbito da questi organismi.

GIURISDIZIONE CIVILE: LA CENERENTOLA DEI DIRITTI SOCIALI

Il decreto Legislativo n. 149/2022 di riforma del processo civile dedica il capo IV alle modifiche in tema di mediazione, negoziazione assistita (e arbitrato).

La finalità è quella di implementare gli strumenti deflattivi del contenzioso giudiziale che – almeno nelle intenzioni del Legislatore – dovrebbero contribuire “al perseguimento degli obiettivi di efficienza del sistema e di risposta adeguata e tempestiva delle richieste di risoluzione dei conflitti tra privati”.

Accanto al lodevole – dichiarato – obiettivo di coltivare la complementarietà delle due vie, giudiziale e stragiudiziale, quale strumento di ampliamento della risposta di giustizia, non si può nascondere che questo alleggerimento – almeno teorico – del lavoro della magistratura ordinaria, sia funzionale ad evitare, in ultima istanza, la destinazione di ulteriori risorse economiche al soddisfacimento dei diritti sociali, tra cui quello alla giurisdizione civile si pone a pieno titolo. Una sorta di spinta gentile verso la privatizzazione – in senso lato – anche in questo settore, come si avrà modo di illustrare infra.

Non è questa la sede per discorrere dell’appropriatezza di tale approccio. Basterà qui ricordare che gli operatori del diritto (avvocati, magistrati, accademia) sin da tempi ben precedenti l’attuale riforma, hanno ravvisato nell’aumento del personale (non solo giudici, ma anche personale di cancelleria) la chiave di volta per l’efficientamento del sistema giudiziario, suggerendo al Legislatore un approccio – se non antitetico, certamente – diverso da quello qui adottato.

Quanto alla tecnica normativa impiegata per la redazione del decreto, al netto delle norme aggiunte ex novo, si è fatto ricorso alla – ormai consueta – sbrigativa indicazione delle “parole aggiunte nei”/“parole eliminate dai” testi previgenti, che mette in croce l’operatore bisognoso di pronta risposta alla pronta domanda su come si debba agire ad esito della modifica normativa. Un sentito grazie va, dunque, a coloro che si sono premurati di redigere, a beneficio di tutti, le tavole sinottiche già disponibili on-line in diverse versioni.

LA MEDIAZIONE RIFORMATA[1]

In tema di mediazione civile e commerciale una delle novità più rilevanti attiene l’ampliamento delle materie in relazione alle quali il ricorso a questa procedura opera come condizione di procedibilità della lite in sede giudiziale (eccetto che per i particolari procedimenti indicati nel co. 6 dell’art. 2 a cui si rinvia).

Dette materie sono individuate secondo un denominatore comune ravvisabile nel rapporto contrattuale di durata, sul presupposto che il valore della mediazione dovrebbe essere maggiormente percepito nelle ipotesi in cui la relazione tra le parti sia connotata da una estensione nel tempo.

Perciò l’art. 5 estende la mediazione obbligatoria ai fini della procedibilità ai rapporti nascenti da contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, fermo restando il ricorso alle procedure di risoluzione alternativa delle controversie previsto da leggi speciali (ABF, ACF – su cui si dirà in chiusura- ; Arbitro Assicurativo; Conciliazione Paritetica).

Scompare il riferimento alle controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, mentre è mantenuto quello, più generale, al contratto assicurativo. Ad esso si collega, quindi, il richiamo alle procedura di cui all’articolo 187.1 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Arbitro Assicurativo, il cui iter istitutivo è in via di completamento) quale procedura alternativa alla mediazione obbligatoria.

Indipendentemente dalla materia, è stata aggiunta ex novo la previsione per cui la mediazione è sempre condizione di procedibilità quando è demandata dal giudice (art. 5 quater) e quando è prevista da clausole statutarie o contrattuali (art. 5 sexies).

L’assistenza legale obbligatoria è prevista (art. 8 co. 5) nelle materie di cui all’art. 5 co. 1 e quando la mediazione è demandata. Ne consegue che l’assistenza legale è facoltativa negli altri casi, tra cui anche – inspiegabilmente – quelli di mediazione prevista da clausole statutarie o contrattuali, pur trattandosi di ipotesi in cui la mediazione opera come condizione di procedibilità, come appena visto. La distonìa è evidente.

La condizione di procedibilità si considera avverata quando il primo incontro si conclude senza l’accordo (così il co. 4 art. 5).

Alla mancata comparizione senza giustificato motivo della parte invitata (art. 12 bis) si dà rilievo non come elemento per ritenere non avverata la condizione (è chiaro, infatti, che l’accordo non si può neppure tentare se la parte invitata non compare e, quindi, osta ad una mediazione effettiva), ma quale elemento liberamente valutabile dal giudice come prova (ex art. 116 c.p.c.), nonché ai fini della condanna al pagamento, allo Stato, di una somma pari al doppio del contributo unificato.

Nel caso in cui così provveda il giudice, su istanza di parte, può, ma non deve condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione (art. 12 bis co.3).

Le sanzioni a tal guisa congeniate, cioè con effetti a strascico sul giudizio anziché circoscritti alla procedura di mediazione, presuppongono necessariamente che un giudizio si faccia. Ne segue che, se, per un motivo qualunque, la controversia su cui è stata tentata la mediazione non viene portata davanti al giudice, la condotta non collaborativa resta impunita, benché ritenuta illegittima.

Ciò è di solare evidenza soprattutto sul contenzioso che vede contrapposte parti con potere negoziale difforme e squilibrato (si pensi, ad esempio, al contenzioso bancario, finanziario, assicurativo e con gli enti pubblici) nel quale il contraente forte, per solito, “scommette” sulle minori risorse economiche a disposizione della controparte privata (cittadino o impresa che sia) e, quindi, proprio sul fatto che l’azione giudiziale non verrà neppure iniziata. In questi casi la sanzione non funziona né come deterrente alla mancata partecipazione, né come sprone alla conciliazione.

Questo dimostra quanto si è anticipato in apertura. Finché l’approccio normativo alla mediazione resterà ispirato al suo utilizzo in chiave punitiva, nel senso di intimidire le parti e di farle desistere dal rivolgersi alla giurisdizione, non si potrà veramente parlare di complementarità delle due vie, giudiziale e stragiudiziale, nella risoluzione dei conflitti, quanto, piuttosto, di risparmio di spesa fine a sé stesso, e/o ad apparire virtuosi agli occhi europei.

Nello stesso senso depone la previsione che riconosce l’accesso al patrocinio a spese dello stato per i soli casi di mediazione (e anche negoziazione assistita) che si esaurisce con accordo (co.1 art. 15 bis). La norma, così congeniata, è penalizzante per la parte non abbiente soprattutto nel caso in cui il mancato accordo al primo incontro si produca a causa della mancata partecipazione della parte invitata.

Da questo angolo visuale il Legislatore attesta di non aver colto appieno – o meglio, affatto – la sfida da affrontare, che esige l’impegno di risorse adeguate in un progetto a lungo termine anziché lo sfruttamento ad esaurimento dei finanziamenti del PNRR.

Un’altra novità consiste nell’aver previsto (co. 5 art. 2) che lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale, così recependo una prassi già in uso.

Parimenti, la previsione (co. 7 art. 8) della facoltà, per le parti, di rinunciare alla riservatezza sull’eventuale CTU espletata in mediazione e, così, di produrla in giudizio, conferisce status normativo ad una prassi già applicata, all’evidente scopo di risparmiare tempo e denaro nella fase giudiziale.

Sennonché la CTU prodotta resta una prova liberamente valutabile dal giudice (ex art. 116 c.p.c.) il quale mantiene, al riguardo, ogni potere istruttorio, tra cui anche quello di ordinarne l’integrazione e/o la rinnovazione. Ne segue che il funzionamento della norma come baluardo di risparmio nel senso prospettato, non è certo, ma solo possibile.

Sempre in accoglimento di prassi invalsa, è stata prevista la possibilità di derogare in proroga al termine trimestrale di durata standard (co. 3 art. 6), il tutto senza impatto sui termini di durata del processo ai fini degli indennizzi di cui alla Legge Pinto.

Opportunamente sono stati introdotti, poi, gli articoli 5 bis e 5 ter.

Il primo, recependo la giurisprudenza di legittimità, pone a carico della parte opposta nella procedura di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere di avvio della mediazione.

Il secondo riconosce all’amministratore di condominio la capacità di rappresentare l’ente condominiale in mediazione indipendentemente da espressa delibera assembleare autorizzativa che permane, invece, ai fini dell’approvazione dell’accordo. Ne segue che il co 3 dell’art 71 quater disp. att. c.c. si deve considerare sostanzialmente abrogato dalla normativa sopravvenuta (in applicazione del criterio cronologico) a partire dalla sua entrata in vigore (30/06/2023, salvo rinvii).

Altrettanto opportuna, poi, appare la norma dell’art. 11 bis nel prevedere per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 20 marzo 2001, n. 165, che la conciliazione nel procedimento di mediazione ovvero in sede giudiziale non dà luogo a responsabilità contabile, salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti. La norma consente di evitare che il timor-panico di inchieste della Procura presso la Corte dei conti possa frenare le conciliazioni da parte dei funzionari della p.a.

L’art. 8 bis è interamente dedicato alla mediazione in via telematica, con rinvio al codice dell’amministrazione digitale per ciò che attiene la redazione, firma e conservazione dei documenti prodotti.

LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA RIFORMATA

Questa procedura ADR, introdotta con dl n. 132/2014, ha dato risultati statisticamente irrilevanti eccetto che nell’ambito delle separazioni e dei divorzi, favorendo approcci collaborativi più confacenti alla materia rispetto al contesto di contrapposizione in aula.

Il nuovo art. 2 ter, prevede la possibilità di farvi ricorso anche per le controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile (cioè in materia di lavoro), fermo restando quanto disposto dall’articolo 412-ter del medesimo codice, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità dell’azione, e con obbligo di assistenza legale.

L’accordo conciliativo eventualmente raggiunto avrà valenza ed efficacia equiparabile agli accordi stipulati in sede protetta con l’assistenza delle organizzazioni sindacali e datoriali.

L’altra rilevante novità in materia riguarda la facoltà di prevedere, nella convenzione di negoziazione, la possibilità di svolgere una sorta di “indagini difensive” sul modello della disclosure americana, consistente nell’acquisizione di dichiarazioni da parte di terzi su fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversia e nella richiesta alla controparte di dichiarare per iscritto, ai fini di cui all’articolo 2735 del codice civile, la verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente.

Ai posteri l’ardua sentenza sulla sua praticabilità in concreto.

Non si può tacere, però, che se il tempo così guadagnato è dedicato alla precostituzione delle prove per la causa futura e, quindi, a preparare le armi anziché al dialogo schietto tra le parti, allora il sospetto che, per gli ideatori di questa riforma, le procedure ADR costituiscano una ghiotta occasione di risparmio tramite privatizzazione del processo diventa quasi una certezza.

ABF e ACF

Trattando della mediazione, si è detto che il nuovo art. 5, con riguardo alla materia bancaria e finanziaria, mantiene il richiamo ai procedimenti avanti l’Arbitro Bancario e Finanziario, istituito presso la Banca d’Italia, e avanti l’Arbitro per le Controversie Finanziarie, istituito presso la Consob, quali procedure a cui far ricorso ai fini di realizzare la condizione di procedibilità della domanda.

Vi è da dire, al riguardo, che entrambi questi procedimenti, una volta innescati, proseguono indipendentemente dalla partecipazione attiva della parte resistente (intermediario bancario o finanziario), diversamente da quanto accade per mediazione e negoziazione assistita.

Altra divergenza sta nel fatto che entrambi, salvo casi particolari, si concludono con una decisione dell’Arbitro, non con un accordo o con un mancato accordo. Pertanto, carente ogni indicazione e/o coordinamento normativo al riguardo, non è dato comprendere quale sia, qui, l’evento il cui avveramento soddisfa la procedibilità della domanda.

Con riguardo alla decisione, va evidenziato che essa, diversamente dall’accordo raggiunto in mediazione o negoziazione, non è vincolante per nessuna delle parti, né coercibile dal ricorrente, in ipotesi, vittorioso.

In un contesto come quello attuale in cui i casi di inadempimento, degli intermediari soccombenti, alle decisioni si moltiplicano (si vedano, al riguardo, le indicazioni presenti sui siti internet rispettivi degli Arbitri), non si comprende in che modo queste procedure possano concretamente contribuire alla deflazione del contenzioso se permangono congeniate alla maniera attuale.

La rilevanza processuale loro attribuita dal D.lgs. 149/2022 appare, dunque, meramente formale e, in ultima analisi, priva di sostanza.

Viene legittimo chiedersi perché, se sono considerati strumenti alternativi alla giustizia ordinaria, non si vuole compiere il passo decisivo, che è quello di mettere tali servizi nelle condizioni di piena operatività riconoscendo alla decisione assunta la stessa valenza dell’accordo raggiunto in mediazione o in negoziazione.

Certo, questo obiettivo presuppone indubbiamente una preventiva revisione della disciplina attuale, sia in termini di funzionamento, sia in termini di finanziamento, onde garantire una maggiore terzietà ed indipendenza dei componenti.

Ma il Legislatore continua a fare orecchie da mercante, avendo persino ritenuto opportuno disattendere la previsione della legge delega ( lett. b) co. 4, art. 1) che prevedeva la predisposizione interventi per l’armonizzazione della normativa in materia di procedure stragiudiziali e la sua collocazione in un testo unico. La motivazione è, ça va sans dire, evitare i costi collegati al monitoraggio che tale riorganizzazione avrebbe imposto[2].

 

 

[1] I riferimenti normativi riportati nello svolgimento della trattazione si riferiscono al D.lgs 28/2010 nella versione modificata dalla riforma.

[2] Relazione Illustrativa al D.Lgs 149/2022 G.U. 19/10/2022 Supp.Ord. pag. 120

 

 

 

Contributo a cura dell’avv. Marta Buffoni , componente del Dipartimento Nazionale AIGA per la Riforma del processo civile.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy