È questa la soluzione fornita dalle Sezioni Unite penali (informazione provvisoria n. 17/2022 del 27/10/2022): “Il procuratore generale è legittimato, ai sensi dell’art. 464-quater, comma 7, c.p.p., ad impugnare l’ordinanza di ammissione alla prova (art. 464-bis, c.p.p.) ritualmente comunicatagli ai sensi dell’art. 128 c.p.p. In conformità a quanto previsto dall’art. 586 c.p.p., in caso di omessa comunicazione dell’ordinanza è legittimato ad impugnare quest’ultima insieme con la sentenza al fine di dedurre anche motivi attinenti ai presupposti di ammissione alla prova. L’istituto dell’ammissione alla prova (art. 168-bis c.p.) non trova applicazione con riferimento agli enti di cui al d. lgs. n. 231 del 2001”.
Le Sezioni Unite, pertanto, hanno risolto negativamente l’interessante questione giuridica sull’applicabilità dell’istituto della messa alla prova al procedimento nei confronti degli Enti, nata da provvedimenti non univoci e contrastanti delle corti di merito (Tribunale di Milano – ordinanza 27/03/2017, di Modena – ordinanza 11/12/2019, di Bologna – ordinanza 10/12/2020, di Spoleto – ordinanza 21/04/2021 – e, in ultimo, di Bari – ordinanza 22/06/2022).
Occorrerà attendere il deposito della motivazione per comprendere l’iter argomentativo seguito dalla Corte.
Contributo a cura dell’Avv. Marco Guerra, componente dipartimento AIGA Nazionale Antiriciclaggio e 231