Il presente contributo è volto ad analizzare la circolare n. 115/2022 emessa dal Ministero dell’Interno – dipartimento per gli affari interni e territoriali-, avente ad oggetto le “modalità di rilascio dei certificati anagrafici telematici tramite l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR)”, con cui il Ministero ha escluso la possibilità per il richiedente di acquisire, accedendo alla piattaforma ANPR con la propria identità digitale, certificati relativi a soggetti terzi, diversi da quelli indicati dall’art. 2, comma 2 del Decreto del Ministro dell’Interno del 3 novembre 2021, ovvero diversi dal richiedente o da uno dei componenti della famiglia anagrafica dello stesso.
In particolare, sostiene il Ministero, rilevato che la citata norma statuisce che il predetto “servizio consente all’iscritto in ANPR di richiedere il rilascio di un certificato per se stesso o per uno dei componenti della propria famiglia anagrafica” -definendo, di fatto, un chiaro perimetro soggettivo dei certificati che possono essere rilasciati al soggetto richiedente-, è inibito l’utilizzo del relativo servizio a soggetti diversi da quelli indicati nella norma e, quindi, per quel che ci riguarda, anche agli avvocati nell’esercizio delle proprie funzioni.
E’ del tutto evidente che detta limitazione –pur essendo ispirata a ragioni di protezione dei dati personali- si traduce in un concreto ostacolo per l’efficiente amministrazione della giustizia se sol si considera che l’avvocato, per la richiesta di un qualsiasi certificato anagrafico –da utilizzare, ad esempio, ai fini di una notifica- dovrà accedere fisicamente presso i Comuni competenti –contribuendo, così, ad intasare gli uffici interessati e ad aggravare il carico di lavoro del personale incaricato-, e/o attendere, speranzoso, il positivo riscontro alla propria richiesta telematica, da parte dell’ente locale interessato.
Se, quindi, da un lato, le determinazioni del Ministero hanno inteso e intendono ponderare “l’impatto e le implicazioni, in termini di rischi per i diritti e libertà degli interessati, del rilascio a “chiunque” e senza limitazioni dei certificati relativi a qualunque cittadino iscritto ad ANPR, ivi inclusi i minori, tramite un accesso telematico con le modalità previste dal CAD”, dall’altro contribuiscono ad aggravare pesantemente la farraginosità dei procedimenti burocratici con un conseguente impatto devastante per l’accesso alla giustizia e gravi pregiudizi all’attività defensionale.
Tale determinazione, quindi, colpisce non uno ma ben due valori costituzionali, il buon andamento della pubblica amministrazione e lo stesso diritto di difesa del cittadino, traducendosi in un bilanciamento irragionevole di valori se si considera che l’accesso a tali dati si rende necessario per il difensore considerato lo stretto collegamento con l’attività processuale svolta (per la quale risulta persino prevista l’esenzione da imposta di bollo ai sensi dell’art. 18 DRP 30.5.2022, n. 115 e Circ. Agenzia delle Entrate, 14.8.2022, n. 70/E).
E’ bene non dimenticare, infine, che è lo stesso GDPR –art. 17 – e l’art. 160-bis codice privacy a garantire l’accesso a dati personali, anche sensibili, laddove ciò sia funzionale all’esercizio del diritto di difesa della parte assistita.
Si auspica, pertanto, un intervento correttivo di contemperamento degli interessi in gioco che possa, da un lato, garantire la massima tutela dei dati personali degli interessati e, dall’altro, consentire, quanto meno agli operatori del diritto e agli attori del sistema giustizia, un accesso agile al sistema giustizia complessivamente inteso.
Annamaria NAPOLI
Veronica MAGRINI
Dipartimento sulla Riforma del Processo Civile